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L’abuso di dipendenza economica
L’art. 9 della L. n. 192 del 1998 vieta l’approfittamento di una posizione di forza di un’impresa nei confronti di un’altra, creando un eccessivo squilibrio nei rapporti contrattuali.
Il legislatore, attraverso l’art. 9 della L. n. 192 del 1998, ha inteso tutelare l’imprenditore “indifeso”, perché sottoposto all’abuso dell’altro imprenditore munito di maggiore potere contrattuale nei suoi confronti.
La dipendenza economica comporta che il subfornitore (o l’affiliato), per adeguarsi al particolare sistema di produzione (o di distribuzione) dell’impresa cliente o fornitrice, effettui investimenti specialistici e acquisisca conoscenze, caratterizzate dal poter essere usate esclusivamente nei rapporti con quell’unico partner commerciale, non essendo facilmente reinvestibili in un altro futuro ed eventuale rapporto, così da perdere, ai sensi dell’art. 9 della L. n. 192 del 1998, soddisfacenti alternative sul mercato.
L’art. 9 della L. n. 192 del 1998 non è norma di carattere eccezionale, in quanto derogatoria rispetto al principio dell’autonomia negoziale, ma è espressione del principio di buona fede nell’esecuzione del contratto (art. 1375 c.c.) che correttezza i rapporti tra imprenditori. Essa è anche un corollario del generale principio del divieto di abuso del diritto ravvisabile in tutte quelle ipotesi nelle quali l’esercizio di un diritto, pur previsto dal contratto, avvenga “secondo connotati del tutto imprevisti ed arbitrari” e al solo scopo di recare danno all’altra parte e non secondo modalità e tempi rispondenti ad un interesse del titolare meritevole di tutela.
L’abuso di dipendenza economica, sebbene sia prevista dal legislatore espressamente con riguardo solo alla fattispecie della subfornitura nelle attività produttive, per giurisprudenza costante rappresenta un principio generale.
Ad essere qualificato come illecito – e dunque represso – è l’abuso della disparità del potere contrattuale. Il contraente “forte” non è passibile di rimprovero giuridico se, nonostante la posizione di egemonia e la possibilità astratta di imporre clausole notevolmente sbilanciate a proprio favore, non abusa concretamente, di questa situazione, adottando standard contrattuali equi per il settore di riferimento.
In altre parole, la posizione di particolare forza nel mercato (e nelle singola relazione negoziale) rappresenta il presupposto necessario ma non sufficiente dell’illecito. Occorre un quid pluris.
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